Aspettato ritorno di Kim Ki-duk, che porta sugli schermi europei un'opera autofinanziata. "Soffio" è girato e distribuito con i proventi dei precedenti film, per non supplire l'ennesima volta alla trasposizione cinematografica fasulla e per non alimentare il sistema delle major, che tradisce le tradizioni locali per un assicurato successo di botteghino.
Soffio, molteplicità di soffi: lui le manda un bacio impresso nel vetro grazie a un precedente soffio, lei gli soffia sul collo e tenta di soffocarlo, lui muore soffocato.
Il soffio è l'unica arma che resiste al silenzio, entrambi i protagonisti non parlano, non riescono a dialogare con le persone a loro vicine.
L'uso della parola è minimo, le immagini colmano la lacuna: lui tenta di parlarle, ma si rivolge alla foto, al graffito.
E' un film teatrale, le esterne sono poche perchè tutto si svolge tra le mura, la musica è diegetica : radio, canto e pianoforte.
Vengono riproposti temi cari al regista e viene esaltata la ciclicità, le stagioni ritornano, ma in modo non circolare. In realtà per tutta la durata del film è inverno, ma nel mondo di lei è gia primavera quindi il loro primo incontro si svolge nella
Yen torna dal marito nella più buia delle stagioni: la stagione della realtà.
La depresssione del protagonista è esplicativa riguardo la durezza del carcere e l'angoscia della pena di morte. Morte che Gin ha causato ed ora attende, morte che Yen, inetta, sente sin da piccola.
L'ultima riflessione è sulla famiglia: la figlia piange per il dolore dei genitori, che, ora consapevoli dei loro errori, tornano insieme. L'amore, quello vero, scende anche a compromessi.
Il finale è straziante: padre, madre e figlia insieme in macchina cantando felicemente la stessa triste canzone. Neanche un regista alle prime armi.
Da vedere per capire perchè, in Corea, Kim Ki-duk è considerato solo un visionario.
Nota: **
1 commento:
STILL LIFE FOREVER...BACI BELLEZZ'...Marco de Roma
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