lunedì 10 dicembre 2007

Paranoid Park

....l'allegria tragica, del fatalismo immutabile, con sguardo nascosto, mai fiero insicero...


Gus Van Sant: una garanzia. Nel 2003 vince la palma d'oro a Cannes con "Elephant", quest'anno vi torna strappando il premio speciale. Hollywood è ancora in grado di regalare del buon cinema.
Alex, sedicenne confuso, trova il coraggio di recarsi in un malfamato parco di Portland: Paranoid Park. Trova anche il coraggio di tornarci da solo, e incontra un'altro skater. Decidono di saltare da un treno in corsa ma un incidente bloccherà il loro intento.
Il montaggio alterna presente e passato prossimo, presente madido di senso di colpa, e passato di beata gioventu' annoiata.
La permeabilità delle due sfere è puramente accidentale, Alex non è un omicida come i ragazzi di "Elephant".
Gus Van Sant ritorna ad occuparsi degli adolescenti americani, che sin da "Gerry" sono decisamente insani
In un mondo di "veline", ciccioni e ville con piscine, balena un lampo di speranza che si trasforma in tragedia, Alex fugge la noia borghese ma trova la morte.
Sapiente in ogni sua parte, dal soggetto alla post-produzione, è il film con le riprese migliori del 2007, inquadrature angoscianti che siglano l'angoscia dei personaggi.
Carrelli, steady-cam e riprese in 8 mm, alternano la fiction al documentarismo; corollario di tale sapienza è una maestrale fotografia, che con perfette scale cromatiche ingabbia le location e gli stati d'animo.
Da vedere perchè è la rappresentazione visiva del senso di colpa.
Nota *****e lode

lunedì 3 dicembre 2007

Sangue, la morte non esiste.

...cercavamo di ammazzare il tempo prima che il tempo ammazzasse noi. Era una lotta impari...


Stella e Yuri, fratello e sorella, ragazzo e ragazza. Il rapporto, ossessivo e incestuoso, è figlio della loro famiglia: madre morta da poco e padre opprimente. Entrambi giovani,bellissimi e psicolabili: Yuri convive al buio con strane zanzare, e Stella affoga il proprio tumulto nel lisergico.
La scena madre del film è una notte lunghissima passata in una festa, notte esplicativa riguardo il rapporto dei regazzi tra loro e con le autorità. Sono costretti a scappare dalla polizia (in assetto pre-bellico) e incontrano Bruno che li accompagnerà in una fuga roccambolesca. Fuga che li porta nel mondo ecclesiastico, finto e ipocrita come la normalità che dovrebbero vivere.
Opera prima alla regia di Libero Di Rienzo, acclamato attore di "Santa Maradona" e "A/R".
Il budget per le riprese è minimo e tutto il cast, tecnico e artistico, ha lavorato per un minimo sindacale.
Elio Germano si riconferma il punto di forza del nuovo cinema nostrano.
Da vedere perchè il panorama produttivo italiano non è sempre stagnante.
Nota**

venerdì 30 novembre 2007

Cuore Sacro


....il più costoso e il più bel sacrificio, il sacrificio di tutto ciò che mi hai dato sulla terra...
L'accidente, il contingente, l'altro da sé che incombono nella vita di una giovane imprenditrice per cambiarla completamente. Interiore ricerca dell'ozpetekiano personaggio femminile che scopre di avere un passato di menzogne e che decide, grazie a una bambina bugiarda, di non vendere la casa della madre perchè non si vendono i ricordi.
Soggetto e sceneggiatura pessimi, al limite del bigottismo mieloso, carrellate di 360° buone solo per il mal di testa.
Neanche la Bobulova, al massimo delle sue potenzialità, riesce a redimere le intenzioni del regista.
Flop al botteghino e punto di non ritorno della filmografia di Ozpetek, che continua a deludere con il successivo "Saturno Contro".
Da vedere per indignarsi dei finanziamenti dati a chi ha solo il nome.
Nota*

sabato 24 novembre 2007

Time


...ora mi sarebbe piaciuto che, non solo esteriormente, ma anche nell'intimo, non rimanesse più in me alcuna traccia di lui...

Dramma pirandelliano del regista coreano, al pari di Mattia Pascal, i protagonisti abdicano alla propria identità senza essere irriconoscibili . Il corpo è maschera, See Hee nè pienamente consapevole, tanto da recarsi dal chirurgo con un collage. A seguito dell'operazione le maschere proliferano: See Hee è anche la barista, è anche la donna della nave. Torna dal suo uomo rinnovata ma non basta un corpo diverso per non essere più la stessa, le scenate di gelosia sono sue peculiarità.
"Time" è un dramma sull'ossessione della gelosia, sul tempo che modifica la bellezza dei nostri corpi. Il collante del film è la disperazione dell'amarsi.
I personaggi sono solitari come nelle opere precedenti, il mutismo invece lascia posto a una ferrata sceneggiatura.
E' un film autoreferenziale, con palesi autocitazioni ( la locandina di Wild Animals ) e delle ottime location, un film legato all'estetica del contesto: kim ki Duk è un regista dell'immagine.
Da vedere perchè il dolore delle ferite non si asciuga con le cicatrici.
Nota ***

venerdì 16 novembre 2007

Giorni e Nuvole

....hai paura dei comunisti perchè hai paura che ti levino la serva...certo...come faccio a stare senza la serva, io che non suono buona a far niente?....

Inefficace e insopportabile storiella sul mondo del lavoro italiano.
Una coppia altoborghese è costretta ad abdicare ai comfort (e che comfort: barca, donna della pulizie, feste private...), causa licenziamento coatto di lui.
Soldini descrive la crisi di un mondo privilegiato, un mondo che non dovrebbe esistere, un mondo che fa apparire il ceto medio italiano un inutile ammasso di rurali. La sceneggiatura dà ampio spazio a definizioni del tipo: il tuo ragazzo non è un intellettuale: lavora e basta (con tono schifato). Pietosa la scena in cui Elsa spiega al marito quanto sia inutile frequentare persone che prima erano loro dipendenti. In che razza di mondanità ci troviamo? Le amicizie sono scelte in base al rango.
Albanese conta gli spicci al supermercato, il regista vuole dare l'impressione del declino di un uomo ma è solo una scena della quotidianità dei più. Nonostante tutto lascia in una costosissima pensione privata il padre, costretto, dalla solitudine, a discorrere con i pesci.
Soldini ma quale mondo volevi raccontare? Cosa ti ha spinto a portare sullo schermo una realtà ignobile e oligarchica?
L'happy ending è la comprensione che l'unico tesoro della vita è l'amore.
Da vedere per celebrare la rivoluzione russa.
Nota *

martedì 30 ottobre 2007

Un'altra giovinezza

...se la giovinezza è l'inesperienza, qual'è il rapporto tra l'inesperienza e la brama di assoluto?....

L'attesa decennale rende le aspettative altissime e Coppola non le delude.
Autofinanzia con i ricavati delle sue precedenti maestrie, e con i ricavati delle sue aziende vinicole, quest'opera ultima presentata al festival di Roma.
Basata su un romanzo del rumeno Eliade, tratta temi tortuosi e eterogenei: l'ossessione per la giovinezza, l'esperienza maestra di vita, la giovinezza unita al fardello dell'esperienza, l'oriente e l'occidente, la reincarnazione, il nazismo, il tema del doppio, l'origine del linguaggio,il sacrificio per amore, la ciclicità temporale.
Non intendo soffermarmi sul labile concetto di tempo nel cinema, luogo dove possono essere scardinate le concezioni spazio-temporali, dove la dimensione over scompone e ricompone la diegesi. Il tempo scorre però troppo lento, forse per la complessità delle tematiche, forse perchè Coppola si è perso nel virtuosismo tecnico.
Tutto ciò che concerne il livello tecnico è perfetto, dal primo piano agli aspetti speciali tutto è esemplare. La sceneggiatura si dissolve in diatribe filosofiche, Nietzche è presente in tutto il film: il concetto del superuomo, dell' uomo nuovo, ringiovanito, dell' uomo sapiente, ancor più sapiente in quanto raddoppiato dall'elettricità.
Intriseche sono i collegamenti con il noir, inquadrature e luci sono tipiche del cinema classico americano e, si ricollegano ai classici del maestro: "Il Padrino" e "Dracula". Una sorta di testamento.
Da vedere perchè è l'opera omnia del regista.
Nota ***

lunedì 22 ottobre 2007

Se mi lasci ti cancello....

...com'è infelice il destino dell'incolpevole vestale! dimentica del mondo, dal mondo dimenticata..

Quanti di voi si recherebbero al cinema, spendendo sei euro (minimo se vivete in città) per vedere un film dal tale titolo? Perchè in italia vediamo solo film doppiati, spesso con risultati disastrosi e gravose perdite di recitazione e sceneggiatura, e, perchè vediamo solo film dal titolo cambiato, per botteghino, dalle major? Non è un modo esatto di divulgare il cinema, il cinema è arte, arte alla stessa maniera in cui è arte la poesia che merita il testo a fronte...e perchè il cinema, arte tecnica, no? "Eternal sunshine of a spotless mind" è il titolo originale, un titolo che rilega il film a una sfera più elevata: la letteratura. Il totale dell'opera è positivo: gli attori sono ottimi, la sceneggiatura ha vinto l'oscar, la fotografia bluastra è avvolgente, il montaggio è incalzante e mai ripetitivo o privo di suspance, una scelta sapiente. Lo sguardo è volto al futuro di una società americana disfatta, una società in cui l'uomo crede di essere la Natura, si può decidere il sesso del nascituro come si può decidere di non aver vissuto. Una riflessione dolce e amara sulle macchine che non possono sostituire la mente; un elogio all'intelligenza emotiva, insostituibile motore dei ricordi umani. Il concetto non è nuovo: i replicanti erano diversi dagli umani in quanto privi di ricordi.
Da vedere perchè la sofferenza, non rimossa, è maestra di vita.
Nota ****

El Mariachi

...one beer...yes...in a bottle, wey...

Un omaggio a Rodriguez, tuttologo del cinema. El Mariachi è il suo primo lungometraggio, anno 1992. Rodriguez è: regista, sceneggiatore, produttore, tecnico del suono e montatore. Tutte le componenti sono perfette in ogni minimo dettaglio. Un maestro da apprezzare, un maestro senza "capitale primitivo", un vero self-man-made. Molteplici sono i ringraziamenti al cinema western italiano, ma il regista se ne discosta subito tramite una stabile e propria semiotica, talmente tanto ben definita da inglobare il film in un nuovo genere: il pulp. Prima di Tarantino c'era Rodriguez, ma pochi lo sanno. Il livello tecnico del film è eccezzionale, il grandangolo è usato in maniera impropria ma innovativa, per portare lo spettatore nel mondo del sogno e della distorsione. Eccezzionalè è anche la macchina da presa che, con delle ottime carrellate all'indietro, ci dona suspance e terrore. Un film low budget, con molti buona la prima, ma degno di dare esempio alle pappagallate hollywoodiane successive.
Da vedere per riscoprire la meritocrazia.
Nota ***

martedì 16 ottobre 2007

Primo Amore

....odio e amo. Perchè io faccia questo, forse domandi. Non lo so. Ma sento che accade e mi tormento...

Gli occhi del mondo esterno non possono che cogliere l'esteriorità, secondaria, del titolo. Allo spettatore non è mai dato di capirne il recondito significato.
Vittorio non prova amore per Sonja, ha solamente smania di possesso; Sonja non prova amore per Vittorio, ha solamente bisogno di essere posseduta.
Primo AMORE? L'unica emozione riconducibile alla parola AMORE, nel film, è la dedizione e la devozione assoluta che Vittorio ha per l'essenzialità, per il minimalismo. I gioielli che crea sono composti di poche linee essenziali, scheletrici; allo stessa maniera viene plasmato il corpo di Sonja. Lui la "ama" quindi vuole farla diventare ancora più bella, lei dimagrisce per "amore".
Docu-noir che narra uno spaccato di cronaca nera italiana, uno spaccato del nord-trevigiano.
Garrone cura con supremo perfezionismo la fotografia, le luci sono fredde e calde, sempre avvolgenti come i personaggi che accompagnano.
L'elemento meno riuscito è la sceneggiatura: monotona e irreale.
Un lavoro d'autore.
Da vedere per (ri)apprezzare il cinema italiano contemporaneo.
Nota ***

giovedì 11 ottobre 2007

In questo mondo libero....

....libertà l'ho vista dormire nei campi coltivati, a cielo e denaro, a cielo ed amore, protetta da un filo spinato...


Finalmente una riflessione sulle inesatte accezioni della parola libertà... liberalismo, liberismo, liberale... Il mondo è libero, si, ma di quale libertà? Cosa si può fare in questo mondo libero?... Angie è figlia della working class ma è libera, libera di spiccare il volo: da assunzioni e licenziamenti precari al dominio del mondo precario... Decide di avviare un 'agenzia di collocamento per lavoratori atipici ed extracomunitari... è libera di farlo,di sfruttare i gradini inferiori della stratificazione sociale... homo homini lupus... cane mangia cane...precario sfrutta proletario...siamo arrivati al declino del sistema capitalista, la selezione naturale lascia competitive sul mercato poche specie: borsisti, affaristi, impreditori.
Ludmilla, parrucchiera ucraina piena di speranze per un nuovo futuro, rappresenta l'illusione ultima di un film straziante.
Loach torna alle tematiche che meglio conosce e ci regala una splendida opera, un ritratto agghiacciante della Gran Bretagna, "il terzo mondo è qui a londra", che tuttora non riesce ad affrontare il post-lady di ferro.
Congratulazioni per il premio miglior sceneggiatura (meritatissimo) al festival di Venezia.
Ottime le protagoniste.
Da vedere perchè.....troppi perchè....da vedere assolutamente.
Nota ****









sabato 6 ottobre 2007

8 donne e un mistero




Tratto dalla commedia di Robert Thomas e portato negli schermi, nel 2002, da Francois Ozon, 8 donne e un mistero è un calderone di nozioni del cinema post-moderno e contemporaneo francese.
Sapiente l'unione di otto valide attrici, ma non basta per avere un collante nel film.
Stereotipati i ruoli: la domestica fedele e di colore, la giovane serva bella e promiscua, la brava ragazza perbene incinta di chissachi.
Non c'è un minimo di coerenza: non è un musical ma ci sono brani musicati, non è una commedia ma ne è tratto, non diverte ma non annoia.
La trama è semplicissima e il plot scorre senza ambiguità sopraffine.
L'unico elemento da salvare è la sceneggiatura.
Da non vedere.
Nota*

mercoledì 3 ottobre 2007

Veronica Guerin, il prezzo del coraggio

.....c'è un nemico in libertà che conosce i fatti e che li userà contro tutti.......

Vivere per raccontare. Si potrebbe sintetizzare così la breve vita di Veronica Guerin, giornalista, uccisa nel 1996. Ricordata come un'eroina in Irlanda, anche se precedentemente snobbata dai colleghi e dal governo, Veronica porta alla luce un enorme traffico di eroina fin allora taciuto. Il suo modo di muoversi è però troppo profondo, vuole arrivare agli spacciatori anche senza la testimonianza o la fraganza di reato. Cerca di scavare nei redditi non dichiarati, nel rispetto senza motivo che viene portato a talune persone.
La pellicola si apre con l'omicidio della giornalista, il seguito è un ritorno al passato, il film è teso al racconto degli ultimi due anni di vita.
Anche se tempo della storia e tempo del racconto sono quasi in simbiosi, la diegesi convince poco perchè incentrata solo sul coraggio della donna e, poco sul contesto.
Ottima interpretazione dell'hollywoodiana Chate Blanchette.
Da vedere per ricordare l'inutilità del silenzio degli "onesti"
Nota **

giovedì 27 settembre 2007

Piano, solo


....how far you can fly....


Tratto dal libro di Veltroni, e sapientemente portato sugli schermi proprio nel periodo pre - primarie, "Piano, solo" narra la vita di Luca Flores, jazzista italiano.

Il protagonista viene presentato mentre suona il piano e, dopo, mentre gioca in una bianca spiaggia africana con i suoi fratelli. Il clima è giocoso, ma non troppo, i bimbi sono osservati da una madre poco serena ma affettuosa. Nella scena seguente la madre, in un gioco di sguardi con Luca, perde il controllo della macchina e muore. Muore perchè guardava il figlio allo specchietto. Inizia il tormento del piccolo, incapace di perdonarsi la presunta colpa. Da lì una vita vissuta per il piano, identificato con colei che non c'è più. Il film è manchevole in quanto gli squilibri psicologici del protagonista sono riferiti esclusivamente a quest'unico episodio, tralasciando sullo sfondo il periodo della prima infanzia e tutti i successivi eventi quali l'aborto indotto, la frammentazione della famiglia, la perdita improvvisa di un collega caro. La follia è palese allo spettatore quando Luca crede di aver ucciso Chat Beker con le maledette scale in mi minore. A seguire il peggioramento: un tragico ritorno in kenia, un tentativo di suicidio, l'autolesionismo, l'elettroshock, il suicidio.

Ottime le interpretazioni di Rossi Stuart, che dà credibilità e non facilita nè l'immedesimazione nè l'estraneità, e della Ceccarelli, nevrotica senza eccessi. La Coltellesi, invece, è al limite tra la recitazione casalinga e la forzata espressività.
La musica è la protagonista dell'opera, le uniche soggettive sono quelle del pianoforte. La colonna sonora è classica, jazz, diegetica, extradiegetica, over e dà forma di valore al film stesso tramite un montaggio sonoro espressivo e morbido.

Ottimo il finale di questa biografia, elegante la scelta di visionare i filmini personali della famiglia Flores, che appare, come nelle prime scene, sulle rive del mare africano. Film-realtà, film nel film, per non far cadere lo spettatore nelle trappole della spettacolarizzazione, per riportarlo al dato di realtà: la non fiction.

Da vedere per non vivere il dispiacere filmico dell'indifferenza.

Nota **

giovedì 6 settembre 2007

"Soffio"

<... a volte bisogna perdersi per ritrovarsi...>

Aspettato ritorno di Kim Ki-duk, che porta sugli schermi europei un'opera autofinanziata. "Soffio" è girato e distribuito con i proventi dei precedenti film, per non supplire l'ennesima volta alla trasposizione cinematografica fasulla e per non alimentare il sistema delle major, che tradisce le tradizioni locali per un assicurato successo di botteghino.
Soffio, molteplicità di soffi: lui le manda un bacio impresso nel vetro grazie a un precedente soffio, lei gli soffia sul collo e tenta di soffocarlo, lui muore soffocato.
Il soffio è l'unica arma che resiste al silenzio, entrambi i protagonisti non parlano, non riescono a dialogare con le persone a loro vicine.
L'uso della parola è minimo, le immagini colmano la lacuna: lui tenta di parlarle, ma si rivolge alla foto, al graffito.
E' un film teatrale, le esterne sono poche perchè tutto si svolge tra le mura, la musica è diegetica : radio, canto e pianoforte.
Vengono riproposti temi cari al regista e viene esaltata la ciclicità, le stagioni ritornano, ma in modo non circolare. In realtà per tutta la durata del film è inverno, ma nel mondo di lei è gia primavera quindi il loro primo incontro si svolge nella , d'estate iniziano a conoscersi, in autunno si amano per poi separarsi e con l'arrivo dell'inverno c'è l'addio definitivo.
Yen torna dal marito nella più buia delle stagioni: la stagione della realtà.
La depresssione del protagonista è esplicativa riguardo la durezza del carcere e l'angoscia della pena di morte. Morte che Gin ha causato ed ora attende, morte che Yen, inetta, sente sin da piccola.
L'ultima riflessione è sulla famiglia: la figlia piange per il dolore dei genitori, che, ora consapevoli dei loro errori, tornano insieme. L'amore, quello vero, scende anche a compromessi.
Il finale è straziante: padre, madre e figlia insieme in macchina cantando felicemente la stessa triste canzone. Neanche un regista alle prime armi.
Da vedere per capire perchè, in Corea, Kim Ki-duk è considerato solo un visionario.


Nota: **

martedì 4 settembre 2007

Ilaria Alpi il più crudele dei giorni


<<...sventurata la terra che ha bisogno di eroi..>>


Mogadiscio 2o marzo 1994: perdono la vita in un agguato Ilaria Alpi, inviata di raitre, e Miran Hrovati, cameramen.
La ricostruzione degli avvenimenti prende spunto dal libro-denuncia dei genitori di lei "L'esecuzione", ma regista e sceneggiatore lavorano di fantasia laddove mancano versioni accreditate. Si ripercorre il loro ultimo mese di vita, attraverso ricostruzioni basate su veri filmati televisivi, senza omettere nomi e cognomi degli indagati.
Durante un viaggio in Somalia, Ilaria si accorge di uno strano movimento di navi, che viaggiano sotto il controllo europeo pur essendo di proprietà africana. Cerca di fare luce e il viaggio la porta lontano, fra L'Italia, Spalato e Mogadiscio, alla ricerca di alcuni accordi di una convenzione . Scopre che l'Europa non solo esporta i propri rifiuti nel terzo mondo, ma vende armi per la guerra somala. La sua inchiesta inizia a muoversi nella giusta direzione, vengono trovate delle prove, vengono fatti dei nomi. Inseguimento, sorpasso, frenata, colpi di fucile, fine del film. Morire per delle idee.
E' un film d'inchiesta che si avvale di metodi televisivi per avvicinarsi alla realtà giornalistica, senza però rinunciare ad un sapiente uso del montaggio che rende poetico il ricordo, un film anche capace di allontanarsi dall'inchiesta per farci innamorare della protagonista.
Da vedere perchè la memoria e il sacrificio non siano vani.

Nota ****





mercoledì 29 agosto 2007

Milano trema: la polizia vuole giustizia

<<..giudice finalmente, arbitro in terra del bene e del male..>>


Negli anni settanta, l'immaginario collettivo del cinema italiano viene suggestionato dal poliziesco, proliferano film quali: "Banditi a Milano", "Milano odia: la polizia non può sparare", "Torino nera", etc...
La critica francese conia il termine polar, fusione di polizier e noir. Scelta espilcativa riguardo la mentalità dei protagonisti, spesso vittime e carnefici, guardie ed assassini.
Il successo di pubblico è immediato, gli spettatori sono attratti dalle figure di eroe/anti-eroe dei poliziotti corrotti, uomini che cercano di scavare il marcio gettandone ulteriore. Non c'è legalità nella legalità, tutti sono colpevoli, l'unica differenziazione dei personaggi è data dal grado di potere che anno: chi è marcio in basso e chi è marcio negli alti vertici. Come al solito si è/non si è tutti nella stessa barca.
Il film di Martino è una delle prime pellicole sulla corruzione della polizia in Italia, la trama del film è pericolosa e anticipatoria, ma non vi diro' il perchè....dovete vedere il film.
Numerose, ma non noiose le scene degli inseguimenti, adatta la colonna sonora, bravi gli attori.
E' un lavoro del 1973 che, agli occhi degli spettatori del 2007, può cadere nel trash ma nel suo contesto originale era pura avanguardia.
Da vedere in compagnia dopo una giornata serena.
Nota:**

Spacciamorte

Vi segnalo un ottimo lavoro di un regista romano disponibile on line: myspace.com/mirkovirgili.
Cortometraggio breve ma intenso, affronta un tema difficile: l'eroina, senza cadere nella banalità e nel bigottismo; insomma non è la solita ramanzina.
Il protagonista, sospeso tra la vita e la morte, suscita rabbia e pena; il forte impatto che ha sullo spettatore è frutto di un sapiente uso delle soggettive.
L' unione di droga, conscio, inconscio e senso di colpa dà un valore autonomo alle immagini che non rappresentano, ma sostituiscono, la realtà.
Le musiche ad hoc completano l'opera.
Da vedere per riscoprire il gusto del cinema giovane e indipendente.

lunedì 27 agosto 2007

STILL LIFE

<<...panta rei...>>


Still life: natura morta.

L'espressione, mutuata dalla fotografia, assoluta protagonista dell'opera, apre la mente dello spettatore verso una serie di rimandi della parola morte: morte del paesaggio, della speranza, dei sentimenti, del comunismo e del capitalismo, della tradizione.

I luoghi: tristi e ameni, specchio dell'animo. L'abile uso dei colori (non-colori), rende le location ancora più waste land. La sfrenata ascesa del capitalismo cinese, ha sacrificato sull'altare dell'occidentalizzazione un immenso tesoro: il proprio territorio. Still life. L'inquinamento è in costante aumento, fiumi, laghi, tutto è ormai corroso, i luoghi del film sono pregnanti della rovina della natura, visibile nei lavori per la diga e nei cumuli di macerie. Credo che il versante paesaggistico sia il lato del film meglio riuscito, una sorta di semi-documentarismo di denuncia ambientale.

Il sentimento che domina è la rassegnazione. Paradosso, la trama del film è una ricerca. Le azioni compiute sono una sorta di dovere da compiersi per la propria coscienza. La moglie confida il tradimento, il padre fa il proprio dovere di padre. Nulla cambia però. Non c'è speranza nel cambiamento perchè l'oggetto delle loro ricerche è ormai perduto.

Comunismo e capitalismo, lenta quasi-fine dell'uno e veloce quasi-ascesa dell'altro, impossibilità di convivenza di entrambi. La tradizione cinese ha subito un brusco cambiamento-tradimento, causa globalizzazione. I personaggi di "Still life" non appartengono ad un'alta stratificazione sociale, non hanno l'acqua, ma hanno tutti il cellulare; l'elettricità non arriva ovunque ma il nuovo ponte (modello americano) deve essere illuminato. Ja Zangh-Ke riesce a dare un ritratto della cina contemporanea dove il vecchio e il nuovo convivono a forza, dove le bambine girano ancora per strada vendendo la loro forza lavoro mentre l'edilizia studia i grattaceli.

Leone d'Oro a Venezia nel 2006, pluriacclamato dalla critica ma non dal pubblico quasi offeso presente al cinema.

Da vedere.

Nota:***

mercoledì 22 agosto 2007

" Il ventre dell'architetto"

<<..fare il dottore è soltanto un mestiere..>>

All'interno delle svariate iniziative dell'Estate Romana, trovo interessante una rassegna di cinema che si svolge alle Scuderie del Quirinale, dal titolo "L'architettura nel cinema".
Roma è il luogo del cinema italiano ma è anche il luogo dell'evoluzione architettonica del nostro paese, la fusione di queste due discipline da' vita ad un binomio perfetto che viene riscoperto tramite il percorso artistico di Calatrava, al quale è dedicata la rassegna.
In programma, stasera il film di Peter Greenaway, "Il ventre dell'architetto", del 1987.
E' un film che merita attenzione, un'opera stratificata. Ad una prima lettura puo' sembrare autobiografico, ben presto però si intuisce il messaggio del film, che è un messaggio sociale, una metafora del cinema come prodotto (ormai) industriale, per il quale servono dei budget enormi.
Partendo da cio' si arriva all'analisi del rapporto artista/committente, che scivola immediatamente nel mercenario rapporto artista/denaro. L'artista si trova in crisi riguardo la sua opera, il denaro permette la realizzazione di un 'opera d'arte ma allo stesso tempo la impedisce, si arriva all'aut- aut che spesso costringe l'architetto ad abdicare dalle sue intenzioni.
A Roma è in allestimento una mostra in onore a Boullè, la direzione artistica viene affidata ad una architettto mericano, che vivrà (per i motivi sopracitati) un lento declino del suo ruolo, e di conseguenza della sua vita.
Una coproduzione italo-inglese degna di essere definita d'autore.
Da vedere perchè non di solo pane vive l'uomo.
Nota ***