lunedì 10 dicembre 2007
Paranoid Park
Gus Van Sant: una garanzia. Nel 2003 vince la palma d'oro a Cannes con "Elephant", quest'anno vi torna strappando il premio speciale. Hollywood è ancora in grado di regalare del buon cinema.
Alex, sedicenne confuso, trova il coraggio di recarsi in un malfamato parco di Portland: Paranoid Park. Trova anche il coraggio di tornarci da solo, e incontra un'altro skater. Decidono di saltare da un treno in corsa ma un incidente bloccherà il loro intento.
Il montaggio alterna presente e passato prossimo, presente madido di senso di colpa, e passato di beata gioventu' annoiata.
La permeabilità delle due sfere è puramente accidentale, Alex non è un omicida come i ragazzi di "Elephant".
Gus Van Sant ritorna ad occuparsi degli adolescenti americani, che sin da "Gerry" sono decisamente insani
In un mondo di "veline", ciccioni e ville con piscine, balena un lampo di speranza che si trasforma in tragedia, Alex fugge la noia borghese ma trova la morte.
Sapiente in ogni sua parte, dal soggetto alla post-produzione, è il film con le riprese migliori del 2007, inquadrature angoscianti che siglano l'angoscia dei personaggi.
Carrelli, steady-cam e riprese in 8 mm, alternano la fiction al documentarismo; corollario di tale sapienza è una maestrale fotografia, che con perfette scale cromatiche ingabbia le location e gli stati d'animo.
Da vedere perchè è la rappresentazione visiva del senso di colpa.
Nota *****e lode
lunedì 3 dicembre 2007
Sangue, la morte non esiste.
Stella e Yuri, fratello e sorella, ragazzo e ragazza. Il rapporto, ossessivo e incestuoso, è figlio della loro famiglia: madre morta da poco e padre opprimente. Entrambi giovani,bellissimi e psicolabili: Yuri convive al buio con strane zanzare, e Stella affoga il proprio tumulto nel lisergico.
venerdì 30 novembre 2007
Cuore Sacro
sabato 24 novembre 2007
Time
...ora mi sarebbe piaciuto che, non solo esteriormente, ma anche nell'intimo, non rimanesse più in me alcuna traccia di lui...
Dramma pirandelliano del regista coreano, al pari di Mattia Pascal, i protagonisti abdicano alla propria identità senza essere irriconoscibili . Il corpo è maschera, See Hee nè pienamente consapevole, tanto da recarsi dal chirurgo con un collage. A seguito dell'operazione le maschere proliferano: See Hee è anche la barista, è anche la donna della nave. Torna dal suo uomo rinnovata ma non basta un corpo diverso per non essere più la stessa, le scenate di gelosia sono sue peculiarità.
"Time" è un dramma sull'ossessione della gelosia, sul tempo che modifica la bellezza dei nostri corpi. Il collante del film è la disperazione dell'amarsi.
I personaggi sono solitari come nelle opere precedenti, il mutismo invece lascia posto a una ferrata sceneggiatura.
E' un film autoreferenziale, con palesi autocitazioni ( la locandina di Wild Animals ) e delle ottime location, un film legato all'estetica del contesto: kim ki Duk è un regista dell'immagine.
Da vedere perchè il dolore delle ferite non si asciuga con le cicatrici.
Nota ***
venerdì 16 novembre 2007
Giorni e Nuvole
Inefficace e insopportabile storiella sul mondo del lavoro italiano.
Una coppia altoborghese è costretta ad abdicare ai comfort (e che comfort: barca, donna della pulizie, feste private...), causa licenziamento coatto di lui.
Soldini descrive la crisi di un mondo privilegiato, un mondo che non dovrebbe esistere, un mondo che fa apparire il ceto medio italiano un inutile ammasso di rurali. La sceneggiatura dà ampio spazio a definizioni del tipo: il tuo ragazzo non è un intellettuale: lavora e basta (con tono schifato). Pietosa la scena in cui Elsa spiega al marito quanto sia inutile frequentare persone che prima erano loro dipendenti. In che razza di mondanità ci troviamo? Le amicizie sono scelte in base al rango.
Albanese conta gli spicci al supermercato, il regista vuole dare l'impressione del declino di un uomo ma è solo una scena della quotidianità dei più. Nonostante tutto lascia in una costosissima pensione privata il padre, costretto, dalla solitudine, a discorrere con i pesci.
Soldini ma quale mondo volevi raccontare? Cosa ti ha spinto a portare sullo schermo una realtà ignobile e oligarchica?
L'happy ending è la comprensione che l'unico tesoro della vita è l'amore.
Da vedere per celebrare la rivoluzione russa.
Nota *
martedì 30 ottobre 2007
Un'altra giovinezza
L'attesa decennale rende le aspettative altissime e Coppola non le delude.
Autofinanzia con i ricavati delle sue precedenti maestrie, e con i ricavati delle sue aziende vinicole, quest'opera ultima presentata al festival di Roma.
Basata su un romanzo del rumeno Eliade, tratta temi tortuosi e eterogenei: l'ossessione per la giovinezza, l'esperienza maestra di vita, la giovinezza unita al fardello dell'esperienza, l'oriente e l'occidente, la reincarnazione, il nazismo, il tema del doppio, l'origine del linguaggio,il sacrificio per amore, la ciclicità temporale.
Non intendo soffermarmi sul labile concetto di tempo nel cinema, luogo dove possono essere scardinate le concezioni spazio-temporali, dove la dimensione over scompone e ricompone la diegesi. Il tempo scorre però troppo lento, forse per la complessità delle tematiche, forse perchè Coppola si è perso nel virtuosismo tecnico.
Tutto ciò che concerne il livello tecnico è perfetto, dal primo piano agli aspetti speciali tutto è esemplare. La sceneggiatura si dissolve in diatribe filosofiche, Nietzche è presente in tutto il film: il concetto del superuomo, dell' uomo nuovo, ringiovanito, dell' uomo sapiente, ancor più sapiente in quanto raddoppiato dall'elettricità.
Intriseche sono i collegamenti con il noir, inquadrature e luci sono tipiche del cinema classico americano e, si ricollegano ai classici del maestro: "Il Padrino" e "Dracula". Una sorta di testamento.
Da vedere perchè è l'opera omnia del regista.
Nota ***
lunedì 22 ottobre 2007
Se mi lasci ti cancello....
El Mariachi
martedì 16 ottobre 2007
Primo Amore
Gli occhi del mondo esterno non possono che cogliere l'esteriorità, secondaria, del titolo. Allo spettatore non è mai dato di capirne il recondito significato.
Vittorio non prova amore per Sonja, ha solamente smania di possesso; Sonja non prova amore per Vittorio, ha solamente bisogno di essere posseduta.
Primo AMORE? L'unica emozione riconducibile alla parola AMORE, nel film, è la dedizione e la devozione assoluta che Vittorio ha per l'essenzialità, per il minimalismo. I gioielli che crea sono composti di poche linee essenziali, scheletrici; allo stessa maniera viene plasmato il corpo di Sonja. Lui la "ama" quindi vuole farla diventare ancora più bella, lei dimagrisce per "amore".
Docu-noir che narra uno spaccato di cronaca nera italiana, uno spaccato del nord-trevigiano.
Garrone cura con supremo perfezionismo la fotografia, le luci sono fredde e calde, sempre avvolgenti come i personaggi che accompagnano.
L'elemento meno riuscito è la sceneggiatura: monotona e irreale.
Un lavoro d'autore.
Da vedere per (ri)apprezzare il cinema italiano contemporaneo.
Nota ***
giovedì 11 ottobre 2007
In questo mondo libero....
sabato 6 ottobre 2007
8 donne e un mistero
mercoledì 3 ottobre 2007
Veronica Guerin, il prezzo del coraggio
giovedì 27 settembre 2007
Piano, solo
....how far you can fly....
Tratto dal libro di Veltroni, e sapientemente portato sugli schermi proprio nel periodo pre - primarie, "Piano, solo" narra la vita di Luca Flores, jazzista italiano.
Il protagonista viene presentato mentre suona il piano e, dopo, mentre gioca in una bianca spiaggia africana con i suoi fratelli. Il clima è giocoso, ma non troppo, i bimbi sono osservati da una madre poco serena ma affettuosa. Nella scena seguente la madre, in un gioco di sguardi con Luca, perde il controllo della macchina e muore. Muore perchè guardava il figlio allo specchietto. Inizia il tormento del piccolo, incapace di perdonarsi la presunta colpa. Da lì una vita vissuta per il piano, identificato con colei che non c'è più. Il film è manchevole in quanto gli squilibri psicologici del protagonista sono riferiti esclusivamente a quest'unico episodio, tralasciando sullo sfondo il periodo della prima infanzia e tutti i successivi eventi quali l'aborto indotto, la frammentazione della famiglia, la perdita improvvisa di un collega caro. La follia è palese allo spettatore quando Luca crede di aver ucciso Chat Beker con le maledette scale in mi minore. A seguire il peggioramento: un tragico ritorno in kenia, un tentativo di suicidio, l'autolesionismo, l'elettroshock, il suicidio.
Ottime le interpretazioni di Rossi Stuart, che dà credibilità e non facilita nè l'immedesimazione nè l'estraneità, e della Ceccarelli, nevrotica senza eccessi. La Coltellesi, invece, è al limite tra la recitazione casalinga e la forzata espressività.
Ottimo il finale di questa biografia, elegante la scelta di visionare i filmini personali della famiglia Flores, che appare, come nelle prime scene, sulle rive del mare africano. Film-realtà, film nel film, per non far cadere lo spettatore nelle trappole della spettacolarizzazione, per riportarlo al dato di realtà: la non fiction.
Da vedere per non vivere il dispiacere filmico dell'indifferenza.
Nota **
giovedì 6 settembre 2007
"Soffio"
Aspettato ritorno di Kim Ki-duk, che porta sugli schermi europei un'opera autofinanziata. "Soffio" è girato e distribuito con i proventi dei precedenti film, per non supplire l'ennesima volta alla trasposizione cinematografica fasulla e per non alimentare il sistema delle major, che tradisce le tradizioni locali per un assicurato successo di botteghino.
Soffio, molteplicità di soffi: lui le manda un bacio impresso nel vetro grazie a un precedente soffio, lei gli soffia sul collo e tenta di soffocarlo, lui muore soffocato.
Il soffio è l'unica arma che resiste al silenzio, entrambi i protagonisti non parlano, non riescono a dialogare con le persone a loro vicine.
L'uso della parola è minimo, le immagini colmano la lacuna: lui tenta di parlarle, ma si rivolge alla foto, al graffito.
E' un film teatrale, le esterne sono poche perchè tutto si svolge tra le mura, la musica è diegetica : radio, canto e pianoforte.
Vengono riproposti temi cari al regista e viene esaltata la ciclicità, le stagioni ritornano, ma in modo non circolare. In realtà per tutta la durata del film è inverno, ma nel mondo di lei è gia primavera quindi il loro primo incontro si svolge nella
Yen torna dal marito nella più buia delle stagioni: la stagione della realtà.
La depresssione del protagonista è esplicativa riguardo la durezza del carcere e l'angoscia della pena di morte. Morte che Gin ha causato ed ora attende, morte che Yen, inetta, sente sin da piccola.
L'ultima riflessione è sulla famiglia: la figlia piange per il dolore dei genitori, che, ora consapevoli dei loro errori, tornano insieme. L'amore, quello vero, scende anche a compromessi.
Il finale è straziante: padre, madre e figlia insieme in macchina cantando felicemente la stessa triste canzone. Neanche un regista alle prime armi.
Da vedere per capire perchè, in Corea, Kim Ki-duk è considerato solo un visionario.
Nota: **
martedì 4 settembre 2007
Ilaria Alpi il più crudele dei giorni
<<...sventurata la terra che ha bisogno di eroi..>>
Nota ****
mercoledì 29 agosto 2007
Milano trema: la polizia vuole giustizia
Spacciamorte
Cortometraggio breve ma intenso, affronta un tema difficile: l'eroina, senza cadere nella banalità e nel bigottismo; insomma non è la solita ramanzina.
Il protagonista, sospeso tra la vita e la morte, suscita rabbia e pena; il forte impatto che ha sullo spettatore è frutto di un sapiente uso delle soggettive.
L' unione di droga, conscio, inconscio e senso di colpa dà un valore autonomo alle immagini che non rappresentano, ma sostituiscono, la realtà.
Le musiche ad hoc completano l'opera.
Da vedere per riscoprire il gusto del cinema giovane e indipendente.
lunedì 27 agosto 2007
STILL LIFE
<<...panta rei...>>
Still life: natura morta.
L'espressione, mutuata dalla fotografia, assoluta protagonista dell'opera, apre la mente dello spettatore verso una serie di rimandi della parola morte: morte del paesaggio, della speranza, dei sentimenti, del comunismo e del capitalismo, della tradizione.
I luoghi: tristi e ameni, specchio dell'animo. L'abile uso dei colori (non-colori), rende le location ancora più waste land. La sfrenata ascesa del capitalismo cinese, ha sacrificato sull'altare dell'occidentalizzazione un immenso tesoro: il proprio territorio. Still life. L'inquinamento è in costante aumento, fiumi, laghi, tutto è ormai corroso, i luoghi del film sono pregnanti della rovina della natura, visibile nei lavori per la diga e nei cumuli di macerie. Credo che il versante paesaggistico sia il lato del film meglio riuscito, una sorta di semi-documentarismo di denuncia ambientale.
Il sentimento che domina è la rassegnazione. Paradosso, la trama del film è una ricerca. Le azioni compiute sono una sorta di dovere da compiersi per la propria coscienza. La moglie confida il tradimento, il padre fa il proprio dovere di padre. Nulla cambia però. Non c'è speranza nel cambiamento perchè l'oggetto delle loro ricerche è ormai perduto.
Comunismo e capitalismo, lenta quasi-fine dell'uno e veloce quasi-ascesa dell'altro, impossibilità di convivenza di entrambi. La tradizione cinese ha subito un brusco cambiamento-tradimento, causa globalizzazione. I personaggi di "Still life" non appartengono ad un'alta stratificazione sociale, non hanno l'acqua, ma hanno tutti il cellulare; l'elettricità non arriva ovunque ma il nuovo ponte (modello americano) deve essere illuminato. Ja Zangh-Ke riesce a dare un ritratto della cina contemporanea dove il vecchio e il nuovo convivono a forza, dove le bambine girano ancora per strada vendendo la loro forza lavoro mentre l'edilizia studia i grattaceli.
Leone d'Oro a Venezia nel 2006, pluriacclamato dalla critica ma non dal pubblico quasi offeso presente al cinema.
Da vedere.
Nota:***